lunedì 29 settembre 2008

Un angelo in grembo - Favola

Un angelo in grembo


Che ci faccio ancora qui?

Disse una lacrima al cuore.

Il sole è sorto, ed io non mi sono ancora asciugata.

E il cuore interpellato rispose:

Il sole sorge per asciugare le lacrime è vero, ma tu non sei una lacrima, tu sei il petalo di un fiore.

Cosa intendi cuore, io sono una lacrima di dolore, lo sono da sempre e tu ora mi dici che non sarei quel che ho sempre creduto d’essere?

No non lo sei, tu sei un petalo di un fiore immenso e meraviglioso.

Mi sento ingannata!!!

Reagì isterica la lacrima, gli adulti le avevano raccontato una favola diversa, dove il dolore non aveva ruoli, ed invece il suo dolore continuava a vivere.

La vita non è quella favola che gli adulti raccontano ai bambini, la vita è quella favola che i Grandi racconteranno ai Piccoli, e tu sei pronta a raccontare la tua favola?

La mia favola, la favola di una lacrima?

Disse sempre più reattiva la lacrima.

No, la favola di un fiore. Vedi cara, tu credi che a parlare sia solo una lacrima, mentre è invece il fiore compiuto oggi a parlare, un fiore completo che ha tanti petali e ancor più sfumature.

Il sole sorto non asciugherà la tua lacrima, perché ti appartiene, come un piede è parte della gamba, come un occhio appartiene alla testa, questa lacrima è nel sangue del fiore.

Ma io non la voglio, mi ricorda il dolore, voglio lasciarla sulla spiaggia della vita.

La lascerai, quando nel partire ti spoglierai del tuo abito terreno.

NOOOOOOOOOOOOOOOOO mi avete ingannata!

Urlò la lacrima colma di rancore.

Lacrima è inutile questo tuo risentimento accettati per come sei!

Disse il cuore stanco delle sue lamentele. La lacrima alla reazione dura del cuore placò per un attimo la sua rabbia, e specchiandosi nei suoi occhi consapevoli si vide per la prima volta.

Quel fiore sarei io?

Disse poi con voce calma, e il cuore commosso rispose:

Si cara sei tu quel fiore bellissimo.

La Lacrima era incredula, nel vedere quanto era bello il fiore a cui apparteneva, tanto incredula che iniziò a guardarlo sempre più attentamente e sempre più da vicino, e quando ci fu quasi dentro con gli occhi, scorse nel suo interno qualcosa di raggomitolato in posizione fetale.

Cuore? Cuore? Ma c’è qualcosa dentro il fiore. Lo vedo, ma tu lo hai visto?

Il Cuore ormai piangeva senza ritegno.

Cos’è dimmelo?

Chiedeva in preda all’agitazione la lacrima.

Cara è un angelo. Un angelo che attende di nascere. Dentro ogni fiore schiuso al cielo riposa un angelo, porta a compimento la sua nascita, accettandoti per come sei, fiore dai molteplici colori e con in grembo un angelo.

venerdì 26 settembre 2008

L'Isola che non c'è




L’Isola che non c’è


Quando il cuore
è pien di pianto
e non sai se poco
o tanto

prendi il volo il questo loco
dove Peter offre un gioco

e col suo brioso dare
ti saprà un po’ su tirare.

Cosa aspetti passi svelti
qui nell’isola che non c’è
or c’è un posto anche per te.

VOLA NELL'ISOLA CHE NON C'E'

Si accende con poco...

c

Si accende con poco
chi dentro è arso dal suo fuoco.

Difficilmente si accende
chi al suo fuoco non si arrende.

giovedì 25 settembre 2008

Il demone

Il demone

(La malvagità)

Il demone “evidente”
che costruisce tende
è già perdente.

Del demone “celato”
sentirai sul collo il fiato,
senza capire mai
dov’è accampato.

Se del male conosci le forme,
il tuo occhio non dorme,
ma se il suo piano è ben riuscito,
punterai sul fratello il dito.

martedì 23 settembre 2008

La Musa del Vento - Favola


La Musa del Vento


Capitolo chiuso disse il topo alla farfalla!

Capitolo chiuso disse la farfalla alla pietra!

Capitolo chiuso disse la pietra alla luna!

Capitolo chiuso gridava il creato al fato, e il fato sentendosi nominato scese al creato.

Chi mi ha nominato?

Chiese il fato.

Io !

Rispose il creato.

Di quale reato sarei accusato?

Di alcun reato ti si accusa, e la Musa dei Venti che ha semplicemente visto finere i suoi tormenti.

Fa che io possa scorger colei di cui tu parli.

Disse il Fato. Il creato aprì la radura e tra canti e balli la Musa dei Venti salutava i suoi tormenti.

E’ bella la Voglio!

Disse il Fato.

E me la prendo! La comprerò da suo padre il Vento.

Dal Vento il Fato si trasse :

Chiedi quel che più ti aggrada ma io voglio quella Fata.

Il vento che era intento in altro tormento, si girò verso il Fato e lo guardò con fare ingrato.

Non è una Fata è una mia Musa, e nessuna delle mie muse è in vendita.

Il Fato rise a crepapelle e mentre era ancora scosso dai singhizzi delle risate disse:

Vecchio Vento, voglio che mi appartenga e tu lo sai quando il Fato vuole qualcosa se lo prende!

Detto ciò uscì con passo deciso, sbattendo la porta con furore. Il Vento fu preso dal terrore le parole del Fato ne dipingevano il suo fare ingrato:

Che la Musa del Vento venga condotta al mio cospetto!

Gridò, e mille rufoli di vento girarono nella foresta per avvisare la musa dell’invito, ma non la trovarono più era svanita nel nulla. Il Vento in persona, informato, si alzò terribile ed impietoso e prese a spazzare via ogni cosa, gridando il nome della sua musa, entrando in ogni luogo ma la musa non era da nessuna parte.

Fu stavolta il Vento scortato dal suo esercito ad andare a bussare alla porta del Fato, e quando ebbe messo piede nel suo reame vide la sua musa seduta tra le fate.

Cosa le hai fatto maledetto, è una delle mie figlie tu non potevi prenderla!

Ho solo preso quel che ormai non ti apparteneva più.

Rispose il Fato con voce roboante. Il Vento allungò le sue grandi mani per riprendere la Musa dei Venti, ma il Fato gli schierò contro il suo immenso esercito.

Vuoi combattere per una musa? Mi sembra che tu te la sia presa troppo per una semplice musa! Il tuo reame ne conta milioni, perché proprio di questa non te fai le ragioni?

Il Vento fermò con una mano il suo esercito, e prese a guardare la musa, ora era felice e piena di luce. E poi disse:

Per me era il sorriso, per me era sollievo la sua luce, ha allietato il mio cuore, a me quella musa è cara!

Disse il Vento mentre due lacrime presero a solcargli il viso.

La fata ascoltò nel cuore le lacrime di suo padre il Vento ed impulsivamente accorse ad asciugarglierle, ma quando nel volo gli fu vicina e con la sua piccolissima manina tentò di raccoglierne le lacrime, il Vento con un soffio la lanciò lontana.

Ha ragione il Fato, figlia mia qui c’è la luce che ti dimora nel cuore, è questa la tua nuova casa, il Vento è stato quel tormento che ha portato la tua natura a compimento, ma già quando mi fosti affidata tu provenivi dalle mani di una fata.

E fu in quel momento che la sala si inondò di luce, il silenzio avvolse ogni cosa e una fata di inenarrabile splendore prese a scivolare leggiadra, prendendo tra le braccia la piccola fata:

Caro Vento, vedo che ancora ti ricordi di me. Ti affidai mia figlia affinchè ne maturassi il suo lucente cammino, ora è tempo che torni a casa. Ti sarò grata in eterno per il magnifico lavoro da te fatto.

Il Vento sentì il suo cuore pervaso da un immenso rispetto, s’inchinò al cospetto della Fata Madre, e disse:

Mia Signora tua figlia è un vanto per il Vento, io ne sono oltremodo contento, te la restituisco e con essa il mio immenso ed incondizionato inchino al tuo divino cammino.

Il Vento arretrò silenzioso dalla sala gremita di Fate, e la Fata madre accolse sua figlia accendendo per lei le luci di una vita felice.

domenica 21 settembre 2008

giovedì 18 settembre 2008

mercoledì 17 settembre 2008

La Spada - Aforisma

La Spada

La spada affilata al tuo cuore accostata,
ha il manico nel cuore di chi l’ha impugnata
e del suo stesso sangue gronda.

Il Mostro - Aforisma

IL MOSTRO


Ha sei piedi, due teste e mezzo occhio
l’uomo che si fa strada
con gran acume
ma senza alcun lume.

Un generale nano

Un generale nano


Un generale nano con un coltello in mano
è assai più evidente
di un generale che non ha in mano niente.

Deludere - Aforisma

NON TI DELUDE

CHI NON TI HA MAI SORPRESO.

sabato 13 settembre 2008

Un pollo da spennare

Un pollo da spennare

Faccio entrare?

Esordì la collega, conscia che la mattina quella sua voce squillante, era una doccia gelida sui miei sonnolenti pensieri.

Ok! Facciamoci la croce stamattina, avanti il primo pollo.

Risposi con rassegnazione. I polli logicamente erano i clienti, avevo incominciato a chiamarli così, perché sembravano tutti polli spennati dopo aver pagato l’onorario

Ma per spennare un pollo bisognava catturarlo, e quello era il mio ruolo, io ero lo specchietto per le allodole, la così detta trappola.

All’uscio della porta apparve un uomo sulla settantina, basso e panciuto, sguardo simpatico e vissuto, mi alzai mentre con un sorriso di benvenuto gli spostavo la sedia per farlo accomodare.

Si accomodi pure, sono tutta orecchie!

Classica battuta, che riusciva sempre a strappare un sorriso e a far sentire le persone a loro agio, faceva ridere persino me che la ripetevo da anni, mi ricordava le diatribe sulle mie orecchie a casa, per mio padre le orecchie grandi erano segno di lunga vita e si dovevano mostrare con orgoglio, per mamma era un antiestetico difetto da tenere assolutamente coperte.

Per me??? Bhee, io a volte le scoprivo e altre volte le coprivo, dipendeva da come volevo apparire, longeva o carina.

Signurì , scusate ma come vi chiamate?

Esordì l’anziano signore:

Mi chiamo Cleo.

Era inutile dire ai clienti il mio nome per intero Cleonice, lo dovevo ripetere varie volte e difficilmente lo ricordavano, mentre Cleo era di facile comprensione.

Allora Clea…io vi volevo dire…

Lo interruppi, perché già il nome era incompleto, ma così me lo storceva completamente.

No mi scusi - Cleo, con la - o - finale.

Cleo????? Ma è un nome da maschio finisce con la o, mi dovete scusare ma voi siete femmina ed io vi chiamerò Clea.

Vabbene chiamatemi Clea.

Dissi con un sorriso rassegnato.

Clea dovete sapere che io ho sempre lavorato per la mia famiglia, ho costruito case e case, e nel lavoro ho perso tre dita.

Ok, dissi sino a qui ci siamo, siete un lavoratore e si vede.

Infatti di velleità in quell’uomo non c’era nulla, abiti semplici e consumati, viso arso e riarso dal sole per le troppe ore passate nei cantieri, ma il tutto acceso da occhi brillanti e vivaci..

Ecco mia cara Clea io possiedo un loculo a sei piani, a mia morte vorrei assegnare ad ognuno un piano.

Vabbene prendo carta e penna, voi ditemi a chi volete assegnare i piani.

Clea l’ultimo piano voglio che vada a mia moglie, il piano più alto. Hai segnato bene? Quello più alto.

Questo suo raccomandarsi attrasse la mia attenzione, ed immediatamente il cuore mi si riempì di stima nei confronti di quest’uomo: “Voleva mettere la moglie al piano più alto per metterla più vicino al cielo, più a contatto con Dio, quanta delicatezza in quelle sembianze tanto rozze”.

Benissimo allora alla signora diamo l’ultimo piano, e per voi che piano vi riservate?

A me il terzo piano!

E continuò così attribuendo ad ogni membro della famiglia un piano preciso.

Alla fine della stesura del testamento perché di testamento si trattava, incuriosita per la disposizione dei loculi chiesi:

Ora toglietemi una curiosità, perché a voi il terzo piano e a vostra moglie il sesto.

Clea alzatevi all’inpiedi.

Io mi alzai e lui mi venne incontro dicendo:

Quando entrate al cimitero il loculo al terzo piano è quello ad altezza di occhi, è facile metterci i fiori, non bisogna prendere la scala, e neppure calarsi, fateci caso i loculi alti sono sempre senza un fiore. Ora avete capito perché voglio che a mia moglie vada l’ultimo piano?

Restai senza parole, non potevo pensarci, quell’uomo era venuto a spendere dei soldi, solo perché voleva dopo la morte fare un torto alla moglie. A nulla valsero le mie parole, atte a dissuaderlo:

Non vi fate il sangue amaro, dopo la morte Dio ci pensa?

Ma lui era irremovibile.

Clea scrivi, stai a sentire a me, al sesto piano, non deve avere un fiore.

mercoledì 10 settembre 2008

Il Volto Buono

Il Volto Buono

Siamo tutti stelle in cammino nel buio della Vita,
tocca il tuo cuore di luce e si d’esempio,
è questo il cielo dal quale parlerai senza parlare.

***

Le creature della notte si nascondevano alle stelle e al cielo nel manovrare contro la Vita. Ma dall’alto del cielo le basse manovre non ebbero eco, il cielo è una culla che non lascia cadere mai nulla.

E’ una stella? HAHAHHAHAHAH la faremo cadere dal cielo!

Le creature della notte, gelose di una stella decisero di farla cadere in terra e tutte insieme nel darsi la mano incominciarono ad attuare il loro piano. Ma le stelle sono figlie del cielo, e il cielo è una culla che non lascia cadere mai nulla.

Figlia mia!

Disse il cielo alla stella.

Il cielo è alto e nessuna creatura della notte potrebbe raggiungerti. Osserverai chi di male ferisce e chi dello stesso male perisce. Guarda!

E la stella schiuse due grandi e limpidi occhi, dicendo:

E’ troppo buio io non scorgo fattezze, ma odo le loro nefandezze. Hanno preparato una torre alta, per raggiungermi il cuore.

Ma il cielo che aveva la dimensione del tutto, sapeva benissimo che nessuna torre sarebbe stata mai tanto alta da sfiorare una stella. E di nuovo ripeté alla sua stella:

Il cielo è una culla, che non lascia cadere mai nulla.

La stella vide creature strane salire su quella torre e lanciare contro il cielo il loro veleno, ma ogni lancio falliva miseramente cadendo invece nella loro mente.

Cosa accade cielo, li vedo gemere e crollare uno ad uno?

Quel che il cuore produce a se stesso resta, tu generasti amore e colmasti il tuo cuore innalzando la tua natura, ma chi genera odio non raggiungerà alcun podio, l’odio e l’ira funesta cadranno sulla loro stessa testa.

Osservali, sfidano il cielo, come un marinaio sfida il mare, come una foglia la tempesta, non hanno alcuna misura della loro testa.

E la stella:

Osservo e tristemente mi chiedo a che serve stare in questo cielo, non voglio più fare la stella…la luce non aiuta chi ha il cuore nero, chi non ha occhio al proprio sentiero.

La stella si spense un pochino e il cielo si allarmò nel sentirla singhiozzare nel silenzio del proprio cuore.

E fu così che il cielo la prese tra le braccia e la portò con se nella luce del giorno, e della vita le fece conoscere il volto buono. Le luci delle stelle avevano acceso nei cuori una luce sana, costruendo a poco a poco un mondo nel mondo, un mondo di luce.

La stella piangeva per la commozione, in quel mondo colse la luce che da sempre scorgeva nel cuore del vita, ma stavolta non era rinchiusa nello spazio limitato di un cuore, ma era al di fuori nell’aria, si poteva respirare, si poteva toccare, quello era il paradiso.

Allora guardò al cielo dicendo:

Un mondo nel mondo, è meraviglioso! Tra le fauci del buio la luce?

No cara, nel cuore della luce un punto nero, che andremo a colmare, è questa la missione delle stelle. Nel mondo prevale la bontà, il male è solo un punto nero.

La stella ora sapeva che la luce delle stelle stava portando frutto, e che in ogni cuore di luce che dal buio era salito al cielo, ardeva la fiamma dell’amore, e di quella fiamma intensa ed inesauribile che avrebbero bruciato tutti i cuori nell’accendersi alla vita.

Allora andiamo c’è tanto lavoro da fare, dobbiamo colmare il punto nero, ci stai?

Ci sto!

Disse la stella.

Siamo tutti stelle in cammino nel buio della vita, tocca il tuo cuore di luce e si d’esempio è questo il cielo dal quale parlerai senza parlare, e il punto nero verrà colmato.

Il cassetto invisibile

Il cassetto invisibile

“Questo silenzio che senti come vuoto è semplicemente tranquillità. Il passato comunque esso sia fluito, conserva sempre dentro il cuore il sorriso.

Il sorriso vero è invisibile agli occhi della ragione,
ma è impossibile per gli occhi del cuore non scorgerlo.”

***

Sono stanca!

Disse una donna al cielo.

Quella che ascolti non è stanchezza, tu donna non usi gli occhi giusti.

Cielo non puoi capire, dentro di me non sento rumori, c’è tanto silenzio ed è scesa la tristezza. Ho cercato il mio sorriso tra i mille cassetti del mio cuore, e la cassettiera dei ricordi mi ha risposto dicendo:

Non ho mai posseduto un cassetto chiamato sorriso!

La cassettiera dei ricordi non mente, il cassetto del sorriso è un cassetto sconosciuto persino a lei, perché è un cassetto invisibile.

Un cassetto invisibile? Non ne ho mai sentito parlare, se neanche la cassettiera ne conosce l’esistenza, che speranze avrei io di trovarlo?

Disse la donna piena di amarezza.

In effetti non è difficile trovarlo, torna alla cassettiera e cercalo con maggiore attenzione.

Rispose il cielo con determinazione.

Con passi stanchi, se non stanchissimi la donna si avvicinò alla cassettiera, osservandola in ogni suo particolare, con un attenzione talmente minuziosa che ben presto gli occhi le incominciarono a fare male.

Stanca e dolorante, li chiuse per un istante, accovacciandosi con le spalle poggiate al cassettone, e mentre tentava di ritrovare decoro e forza, sentì provenire dalla cassettiera delle risate piene di gioia.

Si rialzò di scatto e prese ad aprire cassetto dopo cassetto, seguendo quelle risate. Aprì il cassetto dell’infanzia e vide fette biscottate con la marmellata, un candido grembiulino e tanti fiocchi colorati per i capelli e fu lieta d’aver ritrovato quei ricordi, aprì poi il cassetto della fanciullezza e vide prati di papaveri, il primo bacio e tanti speranze ed il ricordo le carezzò una guancia, ma del sorriso non c’era traccia, aprì il cassetto della famiglia, e vide una tavola imbandita, il papà, la mamma, i suoi fratelli, il calore di una casa e fu lei stavolta a carezzarne il ricordo, aprì tutti i cassetti della cassettiera uno dopo l’altro senza sosta, ma non trovò il sorriso che cercava, eppure lo sentiva nitidamente provenire da ogni fessura di quella vecchia cassettiera.

Ma dov’era!

Ed improvvisamente capì, che il sorriso che da sempre cercava, non era nascosto in un singolo cassetto, il suo sorriso era nell’intera cassettiera dei ricordi era il suo spirito, che nutritosi dei ricordi del cuore aveva generato amore.

Cos’altro è l’Amore se non il sorriso del cuore.

Era quello il cassetto invisibile che la cassettiera non sapeva di possedere.

La donna tornò indietro era piena di emozione, ma quel silenzio interiore non accennava a svanire, e di nuovo disse al cielo:

Sono stanca!

Questo silenzio che senti come vuoto è semplicemente tranquillità. Il passato comunque esso sia fluito, conserva sempre dentro il cuore il sorriso. Ma il sorriso vero è invisibile agli occhi della ragione, ma è impossibile per gli occhi del cuore non scorgerlo.

Tu guardavi al passato con tanta stanchezza, perché non avevi cercato il sorriso con gli occhi del cuore, avevi cercato il sorriso con gli occhi della mente e delusa per non averlo trovato, proiettavi nel presente il tuo malanimo, ma oggi che sai che il sorriso quello del cuore, pervade completamente lo spirito dei tuoi ricordi, ed ora guarderai al presente alla luce di questa nuova conquista.

Non dubitare mai della vita, ogni momento, ogni ora, ogni giorno, nessun tempo è tempo perduto, tutto nella cassettiera dei ricordi è sorriso, e se cercherai con gli occhi del cuore troverai la luce per accendere il tuo presente.

La donna aveva acceso una nuova luce nel suo cuore, e i ricordi non le parvero più un peso da trascinare nel presente, perché ora aveva trovato il suo sorriso anche in quel tempo che le era parso vano ed inconsistente.

Ogni momento nel cassetto dei ricordi ha nel cuore il tuo sorriso.

Ricordalo disse il cielo.

lunedì 8 settembre 2008

Misura il Cuore

Misura il Cuore


Con l’altrui “piccolezza”
misurerai la tua “altezza”.

Del tuo cuore
misurerai l’ampiezza
e constaterai pienezza
solo nello scorger bassezza.

Il confronto è quel faro
che alla tua nave darà il varo.

Osserverai per Osservati;
Misurerai per poi Misurarti;

L’uomo buono
ha occhi per il mondo
ma troppo spesso
non ha occhi per il proprio cuore.

E quando della tua “altezza”
ne avrai “certezza”
farai di quella bellezza
carezza.

Amati e Ama la Vita
Vinceremo questa Partita