venerdì 8 agosto 2008

TROPPA ILLUMINAZIONE SPEGNE LA VITA


TROPPA ILLUMINAZIONE SPEGNE LA VITA


“Sciocca pecora, non comprendi che se oggi sei viva è perché devi compiere una missione?

Nessuno è nel vivere per niente, così pensando sminuisci grandemente il disegno divino,
proprio tu che da sempre inneggi alla gloria di Dio?

Torna sui tuoi passi, scendi a valle e vivi la vita che hai avuto in dono,
oggi sei pecora, domani sarai aquila, ma solo se avrai camminato, e ripeto camminato non volato.”


Buddino! Buddino!

Urlava Odetta salendo la ripida montagna, sul cui picco Buddino si era isolato ormai da alcuni mesi per meditare.

Ti prego scendi nostro padre sta per esalare l’ultimo respiro e prima di morire vuole vederti.

Odetta lo sai che non vi è altro luogo per me che il picco di questa montagna, solo così mi sento vicino al cielo. Il mio dovere è questo restar qui a rimirare le bellezze del creato, vivendo nel più completo distacco dalle terrene distrazioni, colpevoli di confondere le anime alte.

Ma Buddino forse non hai sentito, cosa ho detto?

Disse tra le lacrime Odetta .

Nostro padre sta per morire ti prego muovi a compassione il tuo alto cuore.

Pregherò per la sua anima e la mia preghiera dall’alto di questo monte giungerà sino al cuore del grande signore dei cieli.

Buddino quanta stima avevo prima di te e quanto misero ora appari al mio vedere.

Resta, ottuso di un uomo a meditare su cose che non ti appartengono e nel frattempo ciò che invece ti appartiene davvero, rischia di andare via per sempre.

Tu altro non sei che un uomo e come tale hai il dovere di vivere la vita. Invece divorato dalla tua arroganza, ti sei ritagliato un abito che non ti appartiene, ed hai scelto il distacco dal vivere.

E’ molto più facile creder d’esser un illuminato, vivendo di pensieri elevati senza responsabilità, che aprire gli occhi sul vivere quotidiano e combattere le mille insidie che la vita vera ti propina. Oggi ho compreso uno dei dogmi del vivere:

Troppa illuminazione spegne la vita.

Sei trai miseri il più misero, fratello mio, dirò a nostro padre che sei morto, il dolore che ne deriverà sarà di certo minore, a che dovesse anche lontanamente intuire la verità.

Da oggi sei morto anche per me, del resto la mia è solo un presa di coscienza di una già accertata verità, per il vivere eri già morto da tempo.

Odetta scese, piena di rabbia dalla montagna. Delusa e stanca si avviò verso la capanna con la morte nel cuore. Quel giorno stava per perdere il suo amato padre, ed aveva appena visto morire il suo unico fratello.

Il silenzio che regnava nella capanna era irreale, la vita non era più lì ed Odetta lo sentì subito. Suo padre era ormai partito per il lungo viaggio senza ritorno, e la giovane pianse lacrime di profonda disperazione. Il distacco che aveva catturato il cuore di Buddino non le apparteneva, lei sentiva tutte le sfumature della vita, trafiggerle o carezzarle il cuore, perché Odetta era pienamente immersa nella sua esistenza.

Sul monte Buddino pregava il suo cielo di accogliere l’anima del padre e di perdonare l’ignoranza della sua piccola sorella, che a suo parere non era mai stata spiritualmente virtuosa, ma una semplice femmina priva di mire superiori, una stella cieca e senza alcuna luce.

Mentre era intento nel meditare, sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla, e una voce calda e conosciuta dirgli:

Buddino, figlio mio, credi che pioverà quest’oggi?

Buddino si girò di scatto e vide il padre appoggiato al bastone, proprio dietro le sue spalle, e sorpreso disse:

Padre, ma Odetta mi aveva detto che eri sul punto di morire, come fai allora ad essere qui, come ti sei arrampicato malato come sei?

Si sono stato male, poi improvvisamente mi sono sentito meglio, volevo salutarti figlio mio sono mesi che non ti vedo, sentivo la tua mancanza.

Buddino davvero non riusciva a credere a ciò che vedeva, suo padre sembrava essere ringiovanito, la sua pelle emanava un chiarore quasi aureo, come se nel suo cuore si fosse accesa una grossa lampada.

Padre sai quanto è importante per me essere vicino a Dio, scusa se non sono subito corso da te, ma io ho un dovere superiore la meditazione mi avvicina al vivere supremo, io sono schivo ad ogni falsa credulità umana, io sono nella pace, e non sento più il vivere umano come appartenenza.

Il padre gli sorrise dolcemente carezzandogli il capo pelato.

Figlio mio, quanta strada ancora dovrai fare per comprendere davvero il vivere, ma la tua pazienza un giorno ti renderà la gloria che cerchi. Ora prima di andar via voglio raccontarti un storiella:

Una piccola pecora piena di vita, si allontanava sempre dal suo gregge, voleva distinguersi da quel belare cencioso che accomunava ogni elemento del suo gruppo, e tutti i giorni saliva sul picco di un colle a guardare le aquile che volavano alte e leggiadre.

Oh quante volte aveva desiderato esser una di loro e non una semplice pecora.

Un giorno come tanti, la pecora salì sul colle ad osservar le sue aquile, mentre un terribile tifone si abbatté sul gregge che era rimasto nella vallata, sterminandolo completamente.

Quanto la piccola pecora tornò indietro, vide ciò che la natura aveva fatto, sterminando tutte le sue sorelle, disperata prese a buttarsi con la testa in una roccia, voleva anch’essa morire.

Aveva compreso in quel momento tanto grave, che la sua vera vita non era su quel colle a rimirar le aquile lontane, così come aveva sempre creduto, ma nel camminare con le sue sorelle, ed ora che non c’erano più, vivere non aveva più alcun senso.

Risalì sul colle stavolta disperata e confusa, e vide all’orizzonte altre aquile volare leggiadre, ed una di esse planò in terra rivolgendole la parola:

Piccola Pecora ti osservo da tanto, cosa fai col capo sempre rivolto in aria, tu non possiedi ali ma hai forti e robuste zampe percorri la tua terra, le cose del cielo appartengono al vivere delle aquile.

Portami con te, non c’è più niente che mi leghi alla terra.

Sciocca pecora, non comprendi che se oggi sei viva è perché devi compiere una missione. Nessuno è nel vivere per niente, così pensando sminuisci grandemente il disegno divino, proprio tu che da sempre inneggi alla gloria di Dio?

Torna sui tuoi passi, scendi a valle e vivi la vita che hai avuto in dono, oggi sei pecora, domani sarai aquila ma solo se avrai camminato, e ripeto camminato non volato.

Bella storia padre.

Disse Buddino:

Non sapevo di questa tua dote, le tue parole hanno aperto il mio cuore a una nuova consapevolezza.

Visto che hai compreso, scendi da questo monte figlio mio, hai rubato già troppo tempo al vivere, va è dona al mondo la tua comprensione e la tua fede, e quando tornerai nella nostra capanna non cercare tuo padre in quel letto di morte, in quel momento e solo in quel momento, alza gli occhi al cielo e vedrai una nuova aquila volteggiare nel cielo.

Buddino scese al villaggio, conservando nel cuore la luce di suo padre, corse ad abbracciare sua sorella Odetta e con il suo aiuto imparò a vivere intensamente la sua vita.

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