giovedì 7 agosto 2008

Un pesce fuor d’acqua



Un pesce fuor d’acqua

tratto dal libro “La Piccola Voce”

Sal era un pesciolino alquanto anomalo, amava nuotare a pelo d’acqua, a differenza di tutti gli altri pesci della sua comunità che nuotavano ad una certa profondità. Gli abissi del mare per Sal però erano troppo bui, ed egli aveva sempre cercato di raggiungere quella luce chiara che fievolmente filtrava attraverso la superficie dell’acqua. A causa di questo suo modo d’essere, il pesciolino era da tutti considerato un diverso e per questo isolato. Talvolta Sal correva tra le lacrime dalla sua mamma, che lo amava più di ogni altra cosa, e che era solita dirgli:

· Tesoro, la diversità non è un difetto ma è il secondo nome della normalità, quello che siamo soliti non usare. La regola che governa il nostro mondo si basa sul principio della promiscuità o diversità. Non esiste in natura nessuna cosa identica all’altra, anche ciò che appare un gruppo omogeneo è a sua volta composto da individui diversi gli uni dagli altri.
Prendi per esempio quel gruppetto di alghe e osservale, vedrai che seppur ti appaiono tutte identiche, prese singolarmente sono una diversa dall’altra.
Tutto in natura segue la stessa legge, pertanto che tu sia diverso non mi fa meraviglia perché siamo tutti diversi. Ma talvolta preferiamo guardare la diversità negli occhi degli altri piuttosto che riconoscerla in noi stessi, e questo solo per paura.
E’ molto più facile sentirsi parte integrante di un gruppo, perché in questo modo ci sentiamo meno fragili, e le nostre paure più profonde trovano in questa illusione un’oasi di pace.
Pertanto non te la prendere più di tanto figlio mio, coloro che ti giudicano oggi non hanno ancora osservato bene se stessi, e sono molto indietro rispetto a te sulla scala dell’evoluzione personale. Quando un dì riusciranno ad osservarsi con lo stesso senso critico che oggi usano per giudicare te, capiranno di non essere infine tanto diversi da chi giudicavano.

Nonostante le sagge parole della mamma il povero Sal si sentiva sempre più triste, forse se fosse stato un’alga invece che un pesce avrebbe sofferto molto meno di come invece soffriva.

Nel suo cuore c’era una fiammella eternamente accesa, ed era quella luce che lo spingeva ad uscire da quel buio degli abissi in cui viveva, ma nessuno lo avrebbe mai potuto capire.

Un giorno particolarmente buio il giovane pesce salutò idealmente il suo mondo, al quale ormai non si sentiva più legato, e incominciò a nuotare verso quella luce che filtrava sopra il mare. Giunto a pelo d’acqua si fermò per un attimo e gli ritornarono alla mente le parole degli anziani :

Salomone ascolta, solo pochi sprovveduti hanno superato il confine tra il mondo inferiore e il mondo superiore, e chi lo ha fatto non è più tornato a raccontarlo.

Ma Sal era disperato e senza pensarci su due volte saltò fuori dall’acqua, trovandosi a volare leggero nell’aria limpida e luminosa del giorno. Pochi istanti di quella visione di luce e cielo gli diedero un’energia mai provata prima, si sentì immerso completamente nell’amore. Nel ricadere in mare con gli occhi colmi di lacrime di gioia, Sal decise di raccontare agli anziani cosa aveva visto, e con entusiasmo descrisse tutte le bellezze che aveva potuto osservare, raccontò che al di sopra del mare c’era un altro mondo pieno di luce e aria respirabile, e che bastava solo crederci per rompere il sottile velo che divideva i due mondi. Gli anziani lo ascoltarono e poi decretarono che il giovane pesce era impazzito completamente, nessuno era mai tornato da lì per poterlo raccontare e poi dissero, ma giusto per accontentarlo:

Portaci un segno e ti crederemo.

Sal si sentì ancora più solo, in effetti si era sempre sentito come un pesce fuor d’acqua anche nel suo mondo, e ora che lo era davvero nessuno gli credeva. Risalì di nuovo sopra il livello del mare: voleva portare agli abitanti degli abissi un segno tangibile della sua scoperta. Emerse con la testa dal mare e rivide quel meraviglioso panorama, un cielo immenso e luminoso tagliato di tanto in tanto dal volo di coloratissimi uccelli, e un sole splendente; la bellezza di quel luogo lo incantava ma non vi era nulla che potesse portare via, ciò che aveva trovato lì era l’armonia dell’anima. Mentre era preso e compreso dai suoi pensieri un uccello dalle larghe ali gli venne incontro chiedendogli perché fosse tanto triste, e il giovane pesce gli raccontò il suo dilemma. L’uccello sorrise dicendogli:

Se ho ben capito devi portare lì giù da Voi un segno dell’esistenza di questo mondo, altrimenti non ti crederanno mai. Ebbene non è poi tanto difficile: ci penserò io.

Il variopinto uccello si allontanò qualche minuto e poi tornò portando nel becco un ramoscello che consegnò a Sal dicendo:

Questo frutto cresce solo in questo luogo, nessuno potrà mai obiettarti la sua origine, perché loro sanno che il ramo che porti nasce da un grande albero.

Sal sorrise felice e chiese all’uccello di che frutto si trattasse e l’uccello:

Il ramoscello che ti ho dato è di un albero di ulivo simbolo di pace, e di questa pace tu sarai messo. Va’ dagli anziani, loro sapranno riconoscerne il valore.

Il giovane pesce scese negli abissi portando con sé il ramoscello d’ulivo e lo consegnò agli anziani i quali, così come aveva detto l’uccello, non poterono più dubitare della sua buona fede. Sal non si sentì mai più come un pesce fuor d’acqua, e neanche la sua comunità lo considerò più tale e da quel giorno nessuno più usò la parola “diverso”, che venne abbandonata in luogo del suo secondo nome “normale”.

Nessun commento: